La sera del venerdì 10 luglio 1992, il governo Amato sorprese gli italiani comunicando che avrebbe preso una piccola percentuale, lo 0,6%, da tutti i conti bancari. Questa decisione, negata solo qualche giorno prima, fu presa per cercare di risolvere i problemi finanziari del Paese, causati da un debito pubblico incontrollato e dalla Lira che stava subendo pressioni nei mercati finanziari. Questa tassa è quella che in Italia viene considerata ancora la patrimoniale per eccellenza, anche se col tempo sono state introdotte altre tasse sul patrimonio. Dal 2008, il Debito è cresciuto più velocemente rispetto a quanto aumentasse il PIL. Inizialmente, il loro rapporto era del 100%, considerato accettabile, ma ora è salito al 144%, che è considerato difficilmente sostenibile. Spesso ci viene chiesto quanto potrebbe ammontare questa ipotetica nuova patrimoniale: 1%, 2%, 10%? E come è possibile proteggersi da essa? Il prelievo forzoso del 1992 fu relativamente modesto, ammontando solo allo 0,6% del saldo dei conti correnti. Oggi, la liquidità sui conti correnti degli italiani si avvicina a 2.000 miliardi, quindi un’imposta patrimoniale dell’1% raccoglierebbe circa 20 miliardi, un importo insufficiente per ridurre significativamente il debito. Secondo quanto comunicato dalla Banca d’Italia alla fine di ottobre il debito pubblico ammonterebbe infatti a circa 2.868 miliardi di euro. Sarebbe necessario imporre una patrimoniale dell’ordine del 10% o più per ottenere importi rilevanti per la riduzione del debito. Tuttavia, una tassazione così elevata sarebbe estremamente controproducente, con effetti negativi sulla fiducia dei consumatori e sull’economia nel suo complesso. Sarebbe anche politicamente rischioso per qualsiasi governo o partito che osasse introdurla. Quindi, la classica Patrimoniale “fiscale” è stata sostituita da una Patrimoniale “monetaria” non dichiarata. Come ben noto, l’inflazione erode il potere d’acquisto della moneta, danneggiando i risparmiatori ma beneficiando allo stesso tempo lo Stato, che vede svalutato il debito che ha contratto. Lo abbiamo visto con gli aumenti di inflazione che ci sono stati in tutto il 2023. Maggiore è l’inflazione e più i risparmi degli italiani perderanno valore, mentre lo Stato guadagnerà dalla svalutazione del debito che è chiamato a ripagare nel tempo. Questo meccanismo si ripeterà tutti gli anni e non il solo, singolo anno in cui venisse varata una imposta patrimoniale classica. Si tratta della “repressione finanziaria” operata dalle banche centrali: abbassando i tassi di interesse al di sotto del tasso di inflazione, si riducono al contempo il valore dei debiti e dei crediti, spostando risorse dai creditori ai debitori. La tassa sul patrimonio è già in vigore ed è una forma di imposta piatta che coinvolge tutti senza fare distinzioni, senza la necessità di toccare i conti correnti o altre proprietà. Attraverso l’applicazione della repressione finanziaria, avviene un costante spostamento di risorse dai cittadini allo Stato, in modo tale che nessun Governo o partito politico possa essere identificato come responsabile. È come se fosse un’imposta sul patrimonio non dichiarata, persistente nel tempo, silenziosa, senza colpevoli. Perfettamente nascosta. La Banca Centrale Europea, consapevole della problematica del debito pubblico che pesa su numerosi stati europei, ha permesso che l’inflazione raggiungesse livelli elevati in Europa, per favorire questo “trasferimento di ricchezza” a vantaggio della riduzione dei debiti statali. La BCE continuerà a mantenere i tassi nominali al di sotto del tasso di inflazione per molti anni, prolungando così questo meccanismo di tassazione indiretta a sufficienza per ridurre i debiti statali e compensare le impopolari politiche fiscali altrimenti irrealizzabili dai governi europei. Abbiamo quindi varcato una nuova fase, una situazione che non si presentava da decenni, che ci è poco familiare e dalla quale non sappiamo come difenderci. A differenza degli anni ’70, però, un periodo in cui c’era il controllo dei capitali e investire in qualcosa diverso da immobili e titoli di stato era praticamente impossibile, oggi possiamo proteggere i nostri risparmi investendo nei mercati finanziari globali, beneficiando della crescita dell’economia mondiale, anziché permettere che i nostri soldi perdano valore sui conti correnti. L’unico modo per non farsi impoverire dall’inflazione è togliere i risparmi dal conto corrente ed investirli come è più consono al profilo di rischio di ogni risparmiatore. Investendo in strumenti efficienti e che remunerano adeguatamente il rischio che prendi, senza pagare commissioni nascoste alla banca. Perciò se vuoi ottenere una consulenza gratuita, e non di parte, che sia basata sui tuoi obiettivi di investimento, e non sia finalizzata alla vendita di un prodotto finanziario, puoi contattare Vision ScF scrivendo a info@visionscf.it
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