Breve storia dei pensieri economici, dall’idea di potere, al benessere, alla schiavitù odierna (Parte 2 di 3)

Nella prima parte di questo articolo in tre puntate abbiamo accennato alle origini dei pensieri, delle filosofie economiche. Nel libro di economia spiegata facile raccontiamo il profilo di molti economisti e personaggi, che hanno formato il pensiero economico di epoca in epoca. Nel capitolo intitolato I grandi pensatori: una  galleria di personalità, economisti, filosofi troviamo anche sociologhi e persino qualche criminale. Alcuni di loro sono dei personaggi molto curiosi che con il loro pensiero e le loro azioni hanno indirizzato il pensiero economico fino a quello che è il pensiero comune odierno.

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In questa seconda parte affronteremo quella generazione che ha “inventato” l’idea di scarsità universale e il pensiero liberista, che nel libro di economia spiegata facile sono spiegati in modo estremamente dettagliato e documentato. Nel mezzo abbiamo vissuto un breve periodo luminoso in cui economisti e filosofi contro tendenza avevano ipotizzato e poi realizzato un’economia per il benessere di tutti.

Durante tutto questo percorso daremo un volto, un nome e un cognome ad alcuni esponenti di quelle che siamo abituati ad etichettare con l’appellativo di élite, ignorandone completamente le origini e le facce.

Nella terza ed ultima parte scopriremo i veri esportatori dell’ideologia liberista che dall’America si è diffusa in tutto il mondo e ancora i nomi e i cognomi di alcuni membri delle élite.


Robert Thomas Malthus 

Malthus è tra i primi ad introdurre elementi di matematica nello studio dell’economia. Essendo pastore anglicano, ma anche un demografo, la più importante osservazione che ricava dai suoi studi è che la popolazione cresce secondo una scala maggiore rispetto alla nostra capacità di produrre i beni in quantità sufficiente a soddisfare tutti.

Questo perché, mentre la natura è finita, il genere umano, a differenza degli altri animali, è destinato a crescere all’infinito.

Per questa ragione gli operai non dovrebbero mai riuscire a superare la soglia del reddito di sussistenza; men che meno grazie a sussidi statali, poiché questo si tradurrebbe in un incentivo a procreare.

I Malthusiani infatti ritengono che non ci sia spazio sufficiente per tutti in questa terra, poiché l’aumento della popolazione viaggia molto più velocemente della capacità dell’uomo di produrre il sostentamento necessario a sé stesso moltiplicato all’infinito.

La principale ricetta che Malthus offre alla soluzione di questo problema è la denatalità e il controllo delle nascite nelle fasce più povere della popolazione.

Idee su come rallentare la crescita demografica, Malthus ne ha di vario tipo, come quella di posticipare a età più avanzate i matrimoni affinché la procreazione sia limitata. Guerre, carestie e malattie ovviamente sono un ottimo toccasana per l’ambiente e per la sopravvivenza dei più forti.

Nella sua attenzione alle abitudini culturali che andrebbero tenute non è difficile vedere un parallelo con la cultura gender fluid in pieno sviluppo in questi anni, mentre la sua idea sulla riduzione dei salari come prevenzione, è cosa conclamata dai dati ufficiali. È evidente che Malthus non ha la sufficiente fiducia nelle capacità umane di superare le barriere tecnologiche via via necessarie ad infrangere il limite della produzione necessaria.

È davvero un pensiero medievale eppure è così simile ai recenti slogan in coincidenza con il varo della propaganda in favore della transizione ecologica.

Fateci caso:

David Ricardo

Ma forse il primo virus che si insinua nella nostra cultura è proprio la scientifizzazione dello studio dell’economia. Il motivo è semplice: se si ritiene che l’economia sia una scienza esatta, ne consegue che essa non possa sbagliare. Da qui il passo è breve dal far diventare l’ideologia liberista in una vera e propria dottrina.

Anche David Ricardo conferisce ai suoi studi e alle sue teorie un’impronta logico-matematica; secondo le quali – come fu per Smith – il valore delle merci e di conseguenza il prezzo finale deve essere dato dalla somma delle ore che sono servite per estrarre le materie, trasformarle, lavorare e produrre il bene finale.

In pratica si tratta di sommare le ore che i lavoratori hanno impiegato complessivamente per produrre quel bene, a cui va aggiungere il margine di profitto. Il lavoratore quindi è ridotto a mero fattore matematico che incide sul prezzo in maniera maggiore tanto più il suo salario sarà elevato; perciò manca ancora l’idea che un lavoratore debba essere retribuito secondo le sue capacità e il valore dei beni o del settore in cui lavora.

Agli “scienziati” della Bocconi, come Monacelli, forse sfugge che se calano i prezzi, calano anche i salari. E, casomai, aumenta la disoccupazione.

I neoclassici e la scuola austriaca

Ma più ci avviciniamo alle dottrine economiche più nemiche dell’uomo, più ci avviciniamo a personaggi che trasformano – a loro dire – l’economia in una scienza esatta. E così mandano fuori giri il mondo.

I “neoclassici” e gli “austriaci” elaborano teorie quantitative sulla base di Smith suddividendo le quote di compensi sulla base delle ore di lavoro impiegate nella produzione.

Se Adam Smith viene considerato un economista classico, da Vilfredo Pareto in poi parliamo di neoclassici e libertariani. Sono quegli economisti che elaborano le teorie di Smith in chiave via via sempre più liberista, con un approccio alla materia caratterizzato dal considerarla come una scienza esatta.

Tendono a considerare le disuguaglianze come un problema che si dovrebbe accollare lo Stato, lasciando al mercato le redini dell’economia.

In particolare von Mises e von Hayek, rispettivamente il fondatore e il primo fautore della scuola austriaca, riducono il ruolo dello stato a mero esecutore delle condotte atte ad agevolare il commercio e a dare piccole forme di sussistenza ai poveri.

La scuola austriaca si distacca dai neoclassici perché ritiene che l’economia non debba essere trattata come una scienza naturale, ma che anzi debba essere trattata esclusivamente con un approccio razionale, cosa che esclude il socialismo dalle filosofie politiche adatte ad attuare questa teoria.

Per von Mises il principio cardine è che vi sia una superiorità del mercato rispetto alla pianificazione economica statale.

Vilfredo Pareto

Pareto teorizza che il progresso delle società avvenga per effetto e per merito di élites selezionate sulla base della sopravvivenza del migliore. Ritiene che la capacità di distribuire le risorse dipenda dalle capacità di individui con qualità superiori e pertanto appartenenti a delle élite. Al tempo stesso considera le élite all’interno di un ciclo in cui via via che gli elementi di spicco vengono a mancare, le élite stesse si estinguono lasciando spazio ad élite superiori o nuove.

In pratica Pareto prevede che le élite all’avanguardia prenderanno il posto di quelle che non sapranno aggiornarsi – vedi nella fattispecie le grandi famiglie industriali che oggi sono state affiancate e presto verranno sostituite dai nuovi capitani della quarta rivoluzione industriale.

Ad essi, secondo Pareto, spetterà il ruolo di guida dell’intera umanità.

Ludwig von Mises, il capostipite dell’ideologia liberista

L’ideologia liberista si è impossessata delle nostre convinzioni per ritorcere contro di noi gli stessi progressi fatti dall’Italia nella metà del secolo scorso. Come abbiamo fatto a credere che il nostro male fosse il nostro bene? Scopriamo come l’ideologia liberista ha lavorato nella coscienza collettiva delle masse, soprattutto nel sud Europa. Come mai oggi ritornano in voga misure socio-economiche che, per quanto ad alcuni possono sembrare innovative, in realtà hanno del medievale?

Il primo errore fatto dagli economisti è stato quello di assurgere l’economia a una scienza esatta. Non c’è nulla di più sbagliato, come sappiamo. Infatti l’economia, tanto quanto la finanza è estremamente condizionata dai sentimenti riguardo il presente e le aspettative nel futuro.

Ludwig von Mises, economista neoclassico per eccellenza, sia per le sue idee liberali, in opposizione alle politiche sociali del Reich, che per le sue origini ebraiche, fu costretto ad emigrare negli Stati Uniti d’America. Questo, che può sembrare un dettaglio marginale avrà forti ripercussioni sull’economia mondiale, poiché da esso giungeranno fino a noi enormi cambiamenti, attraverso una innumerevole catena di reazioni che di fatto instaureranno l’attuale status quo che vede l’assoluta predominanza della finanza sull’economia e sulla vita di tutti noi.

Come? In prima istanza come atto neocolonialista degli U.S.A. e successivamente come omologazione globale al modello americano attraverso la sua standardizzazione in mille forme: dalla delocalizzazione delle produzioni, alla distribuzione, al consumo stesso.

Da questo fatto, identico per milioni di migranti verso l’America, nascerà un unicum per le vicende che, prima di giungere in Europa negli anni 80 e in Medio Oriente ed est Europa in questo preciso momento, dopo aver attraversato il sud America, trasformandolo in una colonia della finanza internazionale che agisce, anche militarmente, per mezzo dell’imperialismo americano, diverso da quello non meno totalitario cinese, che oggi chiamiamo esportazione della democrazia.

Von Mises infatti viene considerato uno dei principali pensatori liberali e capostipite di una lunga schiera di seguaci tra cui, sebbene a distanza di molti passaggi interpretativi delle teorie neoclassiche, il più vicino a noi è Milton Friedman che divenne consigliere economico di Pinochet dopo l’assassinio Salvador Allende durante il colpo di Stato in Cile appoggiato dagli USA nelle persone di Nixon e Kissinger.

Pinochet verrà poi giudicato responsabile di crimini contro l’umanità.

Friedrich von Hayek

Fece parte della scuola austriaca, ovvero della nuova avanguardia neoclassica. Von Hayek ritiene che lo Stato possa diventare un nemico dell’economia e della libera impresa. Per questo ritiene che debba tenersene fuori.

ANCHE L’IDEA DEL REDDITO DI BASE È UN’INVENZIONE DELLA SCUOLA AUSTRIACA

Èd è qualcosa che si accorda con il reddito sussistenza di Malthus. Tieni presente che Malthus vive nella cultura agricola di fine ‘700 e Hayek è del 1899! Secondo Hayek la giustizia sociale (antesignana dell’odierno e malandato stato sociale) è già un primo ostacolo alle libertà personali perché essa prevede l’intervento dello Stato a limitare ciò che l’individuo sarebbe già in grado di determinare da solo.

Hayek è contrario al concetto di democrazia e ritiene che lo stato sia un’entità inefficiente e corrotta.

Hayek ritiene in sostanza che lo Stato dovrebbe esistere solo come difensore dei confini e garante delle libertà individuali a cominciare dalla tutela della proprietà privata. L’azione della macchina pubblica, secondo Hayek, dovrebbe occuparsi solo della realizzazione e della manutenzione delle reti distributive e di scambio per lo sviluppo economico e dell’assistenza sociale, senza che questa possa in alcun modo intralciare il mercato.

Nel prossimo appuntamento la terza ed ultima parte.

VISTO COM’È FACILE L’ECONOMIA?

 Costantino Rover 

Autore del libro, L’economia spiegata facile

E di ECONOMI/GRAM

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